"Alesso e dintorni", dal puint di Braulins al puint di Avons

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venerdì 3 giugno 2011

Peonis, "un territorio analizzato con competenza e passione"

Sul libro "Peonis", che viene presentato questa sera nella sala consiliare di Trasaghis, è uscita sul MV di ieri una recensione assai positiva a firma di Paolo Medeossi:


La morte di Bottecchia, Peonis nella storia
di Paolo Medeossi

Messaggero Veneto, 2 giugno 2011

La mattina del 3 giugno 1927 Lorenzo Di Santolo stava lavorando nello stavolo assieme al fratello Antonio mentre la cognata Maria svangava lì vicino un campo di patate. Una giornata tranquilla, come tante altre, ma che sarebbe entrata nella storia di Peonis, il piccolo paese dal poetico nome, frazione di Trasaghis, situato lungo il rio Tremugna. Fu la donna a sentire un tonfo sordo e vide un ciclista, arrivato da dietro la secca curva del ciglione che immette nel rettilineo verso Cornino, steso in un prato dopo aver battuto la testa su una pietra. L'uomo era dolorante, sanguinava, riuscì a farfugliare solo poche parole. I due contadini se lo misero in spalla e lo portarono in paese. Fu il sacerdote, chiamato per l'estrema unzione, a identificarlo rinvenendo un documento nelle tasche del ferito. Si trattava di «Bottecchia Ottavio, corridore d'Italia» come riferì in un telegramma inviato a un dirigente del Club Ciclistico Udinese. E la notizia, nonostante non esistessero i mezzi di oggi, si propagò in un baleno in quanto Botescià, come lo chiamavano i francesi, era uno degli assi assoluti del pedale in un'epoca nella quale il ciclismo già scriveva pagine leggendarie. Il campione trevigiano di Colle Umberto aveva trionfato in un paio di Tour e in quel mattino di giugno si stava allenando come un forsennato per recuperare lo smalto dei tempi migliori. La sua morte (avvenuta pochi giorni dopo all'ospedale di Gemona) segnò un momento storico per Peonis, ma anche un'ombra perché sulla fine di Bottecchia sono spuntate tante ipotesi, fantasiose, che hanno fatto balenare le responsabilità di gente della zona. Ipotesi contro la quale lì tutti si sono ribellati. «Non ci fu alcun giallo - afferma Pieri Stefanutti - ma la disgrazia accadde per un malore, un incidente occorso a Bottecchia per essere stato violentemente disarcionato all'atto di sganciare i fermapiedi dei pedali, una "fine banale" che portò alla scomparsa del campione lungo le strade della pedemontana friulana». Questa citazione è tratta da un capitolo dedicato all'episodio, che appare in un bel volume edito dal Comune di Trasaghis con il Centro di documentazione sul territorio e sulla cultura locale. Si intitola semplicemente Peonis e in circa 500 pagine, corredate di foto d'epoca e documenti, narra gli aspetti filologici, geografici, storici, naturalistici di questo microcosmo che ora conta 343 abitanti dopo aver raggiunto punte fino a 957 nel 1902 quando, nell'ambito comunale, era superato solo da Avasinis che ne aveva 967, ma precedeva Trasaghis con 503 e Braulins con 561. Nel censimento del 1951 a Peonis vennero registrati 778 residenti e in seguito l'emigrazione e le vicende del terremoto, che anche qui ha colpito in maniera forte, hanno assottigliato il numero, fino al dato attuale, ma la comunità resta sempre vivace e custodisce il proprio patrimonio di tradizioni e memorie, come testimonia questo volume che sarà presentato domani, alle 20.30, nella sala consiliare di Trasaghis con un intervento del professor Gian Paolo Gri. L'iniziativa dedicata a Peonis continua una consolante abitudine che accomuna il Friuli e in particolare i Comuni del Gemonese, che negli anni hanno fatto uscire testi di notevole interesse sulle caratteristiche del territorio, analizzato con competenza e passione. Ogni contributo è di qualità e frutto di una rigorosa ricerca, come in questo caso nel quale i testi sono firmati da Floriana Bulfon, Paola Cigalotto, Enos Costantini, Ivo Del Negro, Pietro Fantina, Stefano Filacorda, Fulvio Genero, Giuliano Mainardis, Mariolina Patat, Maria Grazia Santoro, Federico Sgobino, Antonietta Spizzo, Pieri Stefanutti e Decio Tomat. E, grazie al racconto ben documentato, il fascino del luogo può cominciare anche dal mistero del nome, narrato da Costantini che si avventura fra spiegazioni fantasiose e altre scientifiche. La più magica pare quella che lo fa derivare dallo splendido fiore della peonia, designando questo paese appunto come il luogo delle peonie. Ipotesi romantica e non completamente priva di basi. Nel libro Flora friulana di Luigi e Michele Gortani, pubblicato nel 1906, si sostiene esplicitamente che la Paeonia officialis si trova appunto presso Peonis e che in friulano è detta pèonie. Il libro, che così diventa una sorta di romanzo, presenta pure una galleria di personaggi del paese, partendo dal mestiere che facevano, con un ruolo di spicco per le levatrici (lis comaris), che dal 1890 venivano nominate attraverso un bando di concorso comunale, o i postini, fra i quali si ricorda Guglielmo Di Santolo che svolse il servizio fino al 1976, girando per i paesi con la Topolino. E infine fra i personaggi di Peonis una citazione la merita Antonio Zuliani, detto il "Cech", muratore e scalpellino, che dopo aver lavorato con l'impresa del conte Giacomo Ceconi, si mise per conto suo guidando squadre di operai sulla Transiberiana. E ormai anziano, nel 1914, si dedicò alla costruzione del famoso ponte di Braulins. Fu il suo capolavoro. Insomma, questa è la piccola grande storia di Peonis dove si parla una lingua unica, nella quale si incontrano le coordinate carnica e osovana, con un timbro curiosamente arcaico, come disse Andreina Ciceri, e dove i peonàs hanno voluto costruire un mondo di sogno e sorprese, per se stessi e gli altri.

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