"Alesso e dintorni", dal puint di Braulins al puint di Avons

"Alesso e dintorni", dal puint di Braulins al puint di Avons

domenica 31 gennaio 2016

Carnevale ... dongje dal puint di Braulins

L'Associazione "Noi di Braulins" ha promosso con successo un incontro di carnevale aperto a grandi e piccoli, che ha previsto una passeggiata in maschera per le vie del paese, il ritrovo nella sala parrocchiale con giochi e sorprese e, naturalmente, crostoli e frittelle per tutti.



Ecco alcune foto scattate durante i momenti di festa.







Per la serie completa, visitare la pagina fb "Noi di Braulins"

sabato 30 gennaio 2016

Ecco come è nato "Trasaghis vicino Peonis"

Ha finalmente un nome la "tata" friulana che, vivendo in casa del regista Ettore Scola, gli ha ispirato la celebre battuta "Trasaghis vicino Peonis" poi inserita nel film "C'eravamo tanto amati".
A renderlo noto è Ivo Del Negro in un ampio articolo pubblicato dal MV:

Friuli: la storia di Maria, friulana di Peonis a servizio da Scola


di Ivo Del Negro.

Messaggero Veneto, 29 gennaio 2015

Ettore Scola, l’ultimo grande regista della gloriosa commedia all’italiana scomparso a 84 anni, ha sempre avuto con il Friuli un legame “particolare”, tant’è che nel suo celebre “C’eravamo tanto amati” spuntano Trasaghis e Peonis. Mi ha sempre incuriosito cercare di capire come mai Scola abbia deciso di scegliere proprio queste due località, per lui sperdute. Per anni questo “tarlo” ha continuato a ricomparire ciclicamente, ma soltanto all’inizio degli anni Novanta ho capito com’era andata veramente, grazie soprattutto alle indicazioni di Livio Jacob – Presidente della Cineteca del Friuli di Gemona – ho questa. In un mio viaggio romano vidi alcuni manifesti che preannunciavano un’assemblea di cineasti al cinema Capranica e, tra questi, era presente pure il regista. Attesi che l’assemblea si concludesse per avvicinare Ettore Scola e poter finalmente chiedere a lui la ragione che lo aveva spinto a scegliere Trasaghis e Peonis come località di provenienza dell’aspirante attrice Luciana Zanon, interpretata nel film da Stefania Sandrelli. Anche perché già nel film del 1965 di Antonio Pietrangeli Io la conoscevo bene, di cui Ettore Scola era il co-sceneggiatore, aveva inserito una battuta su Trasaghis. Nel colloquio che ne seguì Scola mi spiegò che durante la sua infanzia nella sua famiglia prestava servizio una giovane ragazza proveniente da Peonis e ogni mese, la domenica, doveva prenotare una telefonata per la domenica successiva per poter così parlare con i propri genitori. Negli anni Trenta nel Comune di Trasaghis era presente un solo telefono pubblico; pertanto tutti coloro che volevano parlare con persone residenti negli altri paesi dovevano obbligatoriamente passare per questa cabina. Era il postino di allora, Albino Di Santolo “Santolin-Fari”, che svolgeva tale mansione e che avvertiva gli interessati per l’appuntamento telefonico. Nel 2011, quando è stato pubblicato il libro Peonis, grazie alla collaborazione con la Cineteca di Gemona, ho inserito a pagina 243 il dialogo tra il portantino Antonio (Nino Manfredi) e Luciana Zanon (Stefania Sandrelli). Purtroppo in quell’occasione romana Ettore Scola non ricordava il nome di quella ragazza che sarà poi ispirazione di quelle battute. Pochi mesi dopo la pubblicazione di questo libro, grazie a un colloquio con il figlio Edi ho scoperto che questa ragazza era sua madre, Maria Di Santolo, nata a Peonis nel 1923, che ha sempre abitato a pochi metri da casa mia. Per un ironico scherzo del destino ho sempre avuto la risposta a questa mia curiosità proprio davanti a casa senza saperlo. A differenza di Ettore che non ricordava il nome della ragazza, Maria invece parlava spesso alle nipoti del periodo trascorso a Roma, raccontando che il periodo più bello era quando la famiglia Scola si trasferiva nella tenuta di Trevico, in provincia di Avellino, da dove era originaria la famiglia del regista. I nonni di Ettore erano soliti chiamare Maria simpaticamente tedesca e volevano addirittura adottarla. Maria ha sempre ricordato di aver vissuto un felice periodo in quella famiglia, tanto che nel 1940 quando il padre le scrisse informandola che a breve sarebbe nato un fratellino e invitandola quindi a rientrare a Peonis, lei strappò la lettera. Poi le vicende della guerra la costrinsero a rientrare comunque in famiglia nel 1941. Maria si sposò poi con Ezio Di Santolo nel 1947. Due furono i figli della coppia, Norina e Edi. Negli ultimi anni Maria, che ora ha quasi 93 anni, si è trasferita a Pagnacco presso il figlio. Nel 2003 la nipote Sara, con alcune foto della nonna, si recò a Roma nello studio cinematografico di Scola e parlò a lungo con lui; in seguito a quel colloquio Ettore e suo fratello Pietro, di qualche anno più anziano, telefonarono a Maria per salutarla. Nel maggio del 2012, Livio Jacob Presidente della Cineteca di Gemona, mi avvertì che l’Università di Udine aveva in programma il conferimento della laurea Honoris Causa ad Ettore Scola. La sera nella quale avrebbe dovuto ricevere il riconoscimento era stata programmata la proiezione del film C’eravamo tanto amati a Gemona con la presenza del regista e, a sua insaputa, avrebbe incontrato Maria. Purtroppo questo non avvenne perché la laurea non gli fu mai conferita.Parlare di Maria significa anche ricordare le migliaia di ragazze friulane che dalla fine degli anni Venti fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale hanno prestato servizio nelle famiglie benestanti delle grandi città. Partivano all’età di tredici-quattordici anni e tornavano alle proprie case in Friuli verso i diciotto-diciannove anni. È probabile che fossero i sacerdoti a segnalare i nomi delle ragazze tramite le parrocchie. Mentre per la gran parte di loro il servizio ha rappresentato un’esperienza che le ha migliorate, alcune sono tornate a casa con figli mentre altre ancora hanno deciso di rimanere in servizio per decenni fino alla loro vecchiaia. Lunedì 1 e martedì 2 febbraio, al Cinema Sociale di Gemona del Friuli, è in programma la proiezione dell’ultimo docufilm del regista Ettore Scola, Che strano chiamarsi Federico (2013).

venerdì 29 gennaio 2016

Sabato ad Avasinis i "percorsi della memoria"

Le Sezioni ANPI Gemona - Venzone e   "Val del Lago"  (Trasaghis e Bordano), con il contributo dei Comuni di Gemona, Trasaghis e Venzone,  hanno pubblicato una ricerca intitolata "Percorsi della memoria tra Gemona del Friuli, Trasaghis e Venzone", curata da Pieri Stefanutti.  Il libro definisce un itinerario per individuare, sui territori dei tre Comuni, "Monumenti, cippi, lapidi e testimonianze materiali capaci di far ricordare le vicende della Lotta di Liberazione", offrendo quindi informazioni sulla localizzazione e sui fatti storici che ne sono all'origine (vi furono vittime fra gli aderenti alla Resistenza durante le azioni partigiane, nei sabotaggi,  durante i rastrellamenti, sotto i bombardamenti, durante l'occupazione cosacca)
Il libro è stato presentato a Gemona del Friuli, nella  Sala Consiliare di Palazzo Boton, venerdì 29 gennaio  alle 17.30, con  gli interventi del Presidente della sezione Anpi Gemona-Venzone Lorenzo Londero, dell'assessore di Gemona Loris Cargnelutti e dell'autore Pieri Stefanutti L'illustrazione dei contenuti del lavoro è stata curata dal prof. Andrea Zannini, docente di storia moderna presso l’Università di Udine. Ha chiuso l'incontro il Presidente del Comitato Provinciale dell’ Anpi Dino Spanghero.
Sabato 30 gennaio, invece, il libro verrà presentato alle 17 nel Centro Sociale di Avasinis, con gli interventi del sindaco di Trasaghis Augusto Picco, di Ivo Del Negro  segretario della sezione Anpi di Trasaghis e Bordano, dell'autore Pieri Stefanutti e dell'on. Elvio Ruffino presidente dell'Anpi regionale. 
Per quanto riguarda il Comune di Trasaghis il libro cita i monumenti ai caduti di Alesso, Avasinis Peonis e Trasaghis, il monumento sacrario di Avasinis, le targhe esplicative poste sulla piazza di Alesso sullo sfollamento e l'occupazione cosacca, davanti al cimitero di Avasinis sulle circostanze dell'eccidio, la via di Alesso  destinata alla memoria dello sfollamento e la cappelletta di Braulins dedicata a quanti combatterono per la libertà d'Italia.
Al termine dell'incontro,  una copia del libro verrà distribuita alle persone interessate presenti.

giovedì 28 gennaio 2016

Preoccupazioni per la chiusura del Pronto Soccorso all'Ospedale di Gemona

Riceviamo e pubblichiamo una preoccupata nota dei Comitati che si battono per la salvaguardia dell'Ospedale San Michele di Gemona (punto di riferimento anche per gli abitanti dei comuni di Bordano e Trasaghis)  in merito alla ventilata chiusura (o quantomeno ristrutturazione) del Pronto Soccorso e del reparto di Medicina all'Ospedale di Gemona.
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In questi giorni è iniziato un volantinaggio all’esterno del’Ospedale, per sensibilizzare la popolazione sul fatto che la Regione vorrebbe chiudere il Pronto Soccorso e l’Area di  emergenza il 31 Marzo e sostituirlo con un Punto di Primo Intervento, che nei casi gravi sarà solo un punto di transito verso altri Ospedali. Inoltre si vorrebbe chiudere a fine Giugno anche l’attuale Reparto di Medicina con i suoi 50 posti letto, perennemente occupati. La profonda iniquità insita in questi scellerati provvedimenti è palese. L’utenza, soprattutto anziana, ne verrà fortemente penalizzata, perché i servizi attualmente presenti in loco, saranno fruibili solo altrove. Noi diciamo no a questa manovra e invitiamo i cittadini a contestare questo depauperamento del nostro territorio.
                         Comitati in difesa del "San Michele"

mercoledì 27 gennaio 2016

Giornata della memoria. Fuga dai "treni della notte"

Come ogni anno, il Blog contribuisce alla riflessione sulle tematiche della "giornata della memoria". Stavolta viene proposta una sintesi dei diversi interventi del prof. Luciano Simonitto dedicati a quelle azioni che portarono sulla ferrovia Pontebbana, e in particolare a Carnia, all'aiuto ai deportati che, stipati sui vagoni ferroviari, andavano verso i campi di concentramento e che, in qualche caso, riuscirono anche a sfociare nella liberazione di diversi prigionieri, alcuni dei quali poi confluirono nelle formazioni partigiane operanti tra Cavazzo,  Trasaghis e Forgaria.
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Risultati immagini per ferrovia pontebbana + deportatiNel 1943-44, la ferrovia Pontebbana era percorsa quasi quotidianamente dai treni  “della notte e del dolore": militari, operai, intellettuali, che non avevano aderito alla Repubblica sociale italiana, stipati come bestie in ragione di 80 persone per carro, assordati dallo scorrere delle ruote sulle rotaie, dal ritmo monotono del treno, molestati dal caldo, dalla sete, dagli odori pestilenziali, sembravano fedeli interpreti di qualche romanzo storico sulla cattività babilonese o sull’Inquisizione spagnola e senza dubbio pensavano che non ci fosse sofferenza più grande nell’inferno di Dio.
A Carnia, all'altezza del Casello 39, le tradotte erano costrette a fermarsi per l’aggiunta in coda di un locomotore detto “spinta” con cui affrontare l’accentuata pendenza che la tratta andava poi acquistando lungo il Canal del Ferro. La piana di Carnia era l’ultima ancora di salvezza per questi disperati perché poi "il treno del dolore e della notte” si imbottigliava nel Canal del Ferro ove ogni possibilità di fuga veniva preclusa.
Le ragazze di allora,  con il grembiule pieno di semplici generi alimentari, prodotto di una campagna avara e attinti da poveri deschi, li offrivano ai prigionieri. Anche i giornali erano molto richiesti e graditi perché permettevano un circuito minimo di socialità e informazione dopo il forzato isolamento. Le ragazze più avvenenti abbondavano astutamente in sorrisi verso i soldati della Wehrmacht o della milizia fascista al fine di distogliere l’attenzione e ammansire i cerberi mentre dalla parte opposta i ferrovieri davano la libertà ad alcuni facendo indossare loro un berretto, una giacca da ferroviere o una semplice bandiera rossa da manovra, mimetizzandoli.
Durante l’estate ’44  nella zona di Carnia proseguì l'opera di salvataggio di tanti prigionieri: mentre il magredo tra Fella e Tagliamento era illuminato a giorno dai bengala, tanti disperati correvano verso la salvezza sui vicini monti, diversi i giovani che trovarono rifugio nel casello 39. A essi venivano dati un vecchio cappello e una sdrucita giacca da ferroviere e poi erano avviati a pulire dalle erbacce il piazzale della stazione.
Da Carnia invece, attraversando il magredo presso la confluenza del Fella e del Tagliamento, era relativamente facile raggiungere le propaggini del monte Festa e quindi le formazioni partigiane stanziate sui monti di Trasaghis e Forgaria.


(Tratto da diversi articoli di Luciano Simonitto pubblicati sul "Messaggero Veneto" tra il 2006 ed il 2010 e riprodotti anche in "Venzone in guerra", di Pieri Stefanutti, monografia uscita nel 2013 a cura degli "Amici di Venzone")

martedì 26 gennaio 2016

Bordano, non c'è accordo (nemmeno) sui logo (II)

Riceviamo e pubblichiamo una "lettera aperta" che il presidente della Coop. "Farfalle nella testa" - che gestisce attualmente la Casa delle Farfalle di Bordano - ha rivolto al consigliere  di minoranza direttore responsabile di "Nuovo Monte San Simeone" il quale, nell'ultimo numero del periodico diffuso dalla minoranza stessa, aveva criticato il fatto che la cooperativa avesse voluto registrare il marchio della "Casa delle farfalle".
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Le scie chimiche non esistono, Valter

by Stefano Dal Secco
Sia chiaro, assolutamente tutta la mia comprensione al consigliere Valter Stefanutti: dal momento che per necessità di lavoro è costretto a frequentare brutti ceffi disonesti, capisco che sia portato a immaginare che anche tutti gli altri – le persone “normali” – siano dei malintenzionati.
Però, Valter, non è così; ti vorrei rassicurare. Nell’ultimo tuo bollettino ci sono un po' di salti mortali, verbali e concettuali, per cercare di far nascere il sospetto intorno ad alcuni scenari agghiaccianti e misfatti riprovevoli. Stai sereno, Valter, quasi sempre quando una cosa sembra una farfalla e vola come una farfalla, di solito è proprio una farfalla; molto raramente si tratta di un terrorista con cintura esplosiva camuffato da farfalla.
Risultati immagini per Bordano + Stefano Dal SeccoMi ha stupito che tu abbia impiegato quasi una pagina del tuo bollettino per raccontare le banali vicende sul marchio della Casa delle Farfalle. Sei venuto a chiedermi informazioni in merito, tempo addietro; te le ho date e mi pareva che te ne fossi andato sereno. Se non lo eri, potevi dirlo, che avremmo cercato insieme un modo per rassicurarti (non fa bene alla salute, vivere nel sospetto e nel risentimento).
Lo racconto nuovamente qui, perché forse non avevo spiegato bene. Come ti ho detto, abbiamo concordato con il Comune di registrare prima possibile il marchio della Casa delle Farfalle, lo scorso anno (concordato per iscritto, non verbalmente), perché stranamente non era mai stato fatto prima e, dato il clima di minacce e avvocati sempre in trincea che si respira a Bordano, era il caso che il Comune proteggesse ciò che è suo. Ci siamo offerti di farlo noi per conto del Comune, dal momento che stavamo gestendo la struttura e quindi usando il marchio quotidianamente (per farlo abbiamo anche speso 500 euro che non ci vedremo rimborsati) e perché nella pubblica amministrazione italiana per ogni minima operazione servono 4 mesi e 30 carte bollate (e comunque sarebbe costato oltre 1000 euro alle casse comunali invece di zero, come invece è stato).
Risultati immagini per Bordano + Stefano Dal SeccoValter, cosa pensi che ci serva il nome “Casa delle farfalle di Bordano” se non siamo i gestori della Casa delle Farfalle? Pensi che apriremo una struttura come questa, che so, a Novara, e la chiameremo “Casa delle farfalle di Bordano”. Cielo, la chiameremo “di Novara”, non credi? E pensi che davvero che io stia a perdere tempo e soldi in beghe legali per ricavare quattro euro in croce da un pezzo di carta che passa di mano. Nessuno ha il tempo per star dietro a tutto e quindi ognuno fa delle scelte; io scelgo ciò che ha delle prospettive, può crescere e diventare qualcosa di grande e di bello (che so, progettare una nuova mostra, pensare un nuovo intervento per le scuole) o ciò che mi da semplicemente piacere (leggere e imparare una cosa nuova, un'escursione in bosco). Stai certo che in nessun caso impiego del tempo in pratiche amministrative, a meno di esservi davvero costretto.
Per chiudere, mi pare buon senso che il marchio lo debba poter usare liberamente chi ha in gestione la struttura (personalmente ti assicuro qui pubblicamente che non ho nessuna intenzione di usarlo per propagandare la guerra santa dello stato islamico e neppure per campagne promozionali con donnine seminude). Oppure credi che ogni volta che esce con una pubblicità sul Messaggero uno debba chiedere il formale permesso al Comune di usare la dicitura “Casa delle Farfalle di Bordano” e aspettare risposta? Tuttavia, se ti fa dormire sonni più tranquilli, facciamo una cosa, Valter: chiedo il permesso al Comune di trasferire la proprietà del nome all’opposizione o a te o a qualcuno che ti dia fiducia, e lo facciamo già domani. Perché davvero, mi dispiace che tu impieghi parte del tuo tempo per cose come questa; abbiamo tutti già un sacco di problemi veri, nella vita, e non è il caso di inventarsene degli altri su misura.
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lunedì 25 gennaio 2016

Anche a "Trasaghis vicino Peonis" si ricorda Ettore Scola (II)

Il Messaggero Veneto di ieri, nella rubrica "Place San Jacum" di Andrea Valcic, ha ospitato un affettuoso ricordo di Ettore Scola e, soprattutto, su quel che ha significato quella battuta "Trasaghis vicino Peonis" presa a emblema della condizione di tante friulane, a loro modo emigranti.
Ai lettori del Blog, l'invito a continuare a intervenire sull'interessante tema, con l'anticipazione che a breve ci saranno delle importanti novità al riguardo.
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Un monumento a Luciana Zanon e ai luoghi comuni

Risultati immagini per c'eravamo tanto amatiSulle note di «Io ero Sandokan», colonna sonora del film «C'eravamo tanto amati» di Ettore Scola, firmata da Armando Trovajoli, mi sono commosso. Rivedere poi alcuni frammenti della pellicola su youtube, mi ha fatto tornare indietro negli anni quando assistetti alla proiezione in una sala cinematografica di Milano. Era il 1974, la città percorsa da cortei di operai e studenti, le manifestazioni e gli scontri all'ordine del giorno. In quel clima il film veniva giudicato revisionista, troppo filo Pci insomma, per essere osannato. Sbagliavamo perché l'opera del regista, da poco scomparso, ci consegnava la fotografia nitida e precisa della disillusione partigiana assieme allo spaccato della società, e della sinistra italiana, di allora. Ricordo però anche la rabbia provata per quel dialogo tra Manfredi e la Sandrelli, quando quest'ultima, nelle vesti di Luciana Zanon, una ragazza friulana emigrata nella capitale con l'ambizione di divenire attrice, pronuncia una frase rimasta poi famosa: «Sono di Trasaghis, vicino a Peonis». Quante "esse" tutte in una volta, quasi a dimostrare l'esistenza di luoghi sperduti, dalle pronunce gutturali, tra le montagne, in un confine orientale dai toni e dai contorni oscuri. Ancora una volta, mi dicevo, l'immagine del Friuli è accostata a quella della servetta, della balia, della contadina o montanara, bella e ingenua, per non dire ignorante, scesa nella grande città in cerca di fortuna. 
Risultati immagini per c'eravamo tanto amatiDi fatto, aveva ragione il neorealismo di Scola: questo era quello che pensava di noi la maggioranza degli italiani che conoscevano queste terre solo attraverso stereotipi legati alla Grande Guerra o al servizio militare prestato nelle nostre caserme, forse al campionato di calcio. Leggo che l'università di Udine, persa l'occasione di celebrare il regista da vivo con il conferimento della laurea ad honorem, penserebbe di dedicargli un corso di storia contemporanea. Nulla in contrario, visto anche l'affetto con cui Scola si adoperò per aiutare la futura cineteca di Gemona, ma perché non innalzare prima un bel monumento nel cortile del rettorato, a tutte le Luciana Zanon di questa terra: iscritte sul basamento le frasi, i luoghi comuni che hanno accompagnato l'immagine del Friuli nel cinema, nella televisione, nella letteratura. A perenne memoria.


domenica 24 gennaio 2016

Alesso e Michele Gortani, a 50 anni dalla morte

Appena istituita, la Scuola Media di Alesso venne intitolata a Michele Gortani (1883-1966).
Quella di Gortani è stata una figura assai complessa: egli può essere ricordato come scienziato, uomo politico, uomo di cultura (vedi il suo profilo in: https://it.wikipedia.org/wiki/Michele_Gortani).


Ieri, a Tolmezzo,  si è svolto un convegno sui diversi aspetti della sua figura. Il sindaco Brollo, in particolare, ha ricordato che "se la Costituzione parla della montagna nell'art 44 è grazie a lui". Per questo ha letto in pubblico il suo intervento in assemblea Costituente nel pomeriggio del 13 maggio 1947 (un discorso - aggiungiamo noi- che può essere riletto anche per verificare quanto di quelle premesse e di quegli auspici siano stati raccolti):

"Onorevoli colleghi, vi è in Italia una regione che comprende un quinto della sua popolazione, che si estende per un terzo della sua superficie e in cui la vita di tutti i ceti e categorie si svolge in condizioni di particolare durezza e di particolare disagio in confronto col rimanente del Paese.
Questa regione, che non ha contorni geografici ben definiti, ma si estende ampiamente nella cerchia alpina, si allunga sulle dorsali appenniniche e si ritrova nelle isole maggiori, risulta dall'insieme delle nostre zone montane.
È una regione abitata da gente laboriosa, parsimoniosa, paziente, tenace, che in silenzio lavora e in silenzio soffre tra avversità di suolo e di clima; che rifugge dal disordine, dai tumulti e dalle dimostrazioni di piazza, e ne è ripagata con l'abbandono sistematico da parte dello Stato. O meglio, della montagna e dei montanari lo Stato si ricorda, di regola, e si mostra presente, quando si tratta di imporre vincoli, di esigere tributi o di prelevare soldati.
Matrigna la natura, al nostro montanaro, e matrigna la patria; e tuttavia è pronto, così per la patria, come per la nativa montagna, a sacrificare, ove occorra, anche se stesso. Perché la montagna è la sua vita, e la sua patria è la sua ragione di vivere. E in lei non ha ancora perduto la sua fiducia. Facciamo che non la perda.
Ad ora ad ora voci si sono levate in favore della montagna voci altruiste reclamanti giustizia, e voci utilitarie reclamanti la restaurazione montana come fonte di pubblico bene.
Ma le une e le altre sono cadute o nell'indifferenza o nell'oblio.
Ed intanto le selve si diradano, inselvatichiscono i pascoli, cadono le pendici in crescente sfacelo; le acque sregolate rodono i monti ed alluvionano ed inondano le pianure e le valli; intristiscono i villaggi a cui non giungono le strade né i conforti del vivere civile; la robustezza della stirpe cede all'eccesso delle fatiche e delle restrizioni, e la montagna si isterilisce e si spopola.
Ora è tempo che al montanaro si volga con amore questa Italia che si rinnova.
Noi chiediamo che nella nuova Carta costituzionale, dove tante sono le norme ispirate all'amore e alla giustizia, ci sia anche una parola per lui.
A tal fine abbiamo presentato questo comma aggiuntivo all'articolo 41: «Nel medesimo intento» (cioè di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e stabilire equi rapporti sociali) «la legge dispone provvedimenti in favore delle zone montane».
                                                          Risultati immagini per michele gortani

Molto probabilmente i tanti ragazzi che sono usciti dalla Gortani non hanno mai saputo chi fosse la personalità cui era intitolata la scuola.
Forse anche questa è una occasione per "riparare". Ce disêso?

sabato 23 gennaio 2016

Avasinis, venerdì il ricordo della ritirata di Russia, a 73 anni di distanza (II)

D. Martina e P. Strazzolini
Si è svolta ieri sera ad Avasinis, come annunciato, la presentazione del libro "Memorie di guerra Rodolfo Hofer 1940-1945".
La serata è stata introdotta da Daniele Martina e  Giovanni Rodaro dell'Associazione "Matteo Chef Giramondo" che hanno ricordato il programma e le attività della associazione, nata per ricordare lo scomparso Matteo Rodaro: le iniziative proposte sono incentrate sulla solidarietà, sui programmi di educazione sanitaria, su proposte culturali.
E' intervenuto per un saluto il sindaco Augusto Picco (presente con gli assessori S. Pisu e R.Stefanutti) a esprimere il plauso per l'attività della associazione e sottolineare l'interesse che riscuotono sempre ad Avasinis le iniziative a carattere storico.
Presentato dall'editore Giovanni Aviani, è stata data quindi la parola al prof. Paolo Strazzolini, che ha curato la nuova edizione riveduta e ampliata del volume di Hofer.
Rodolfo Hofer (1917-2009), reduce di Russia e Sergente maggiore di Sanità, aveva pubblicato nel 1998 un libro di memorie, intitolato Quando i ricordi… Russia 1941-1943, libro che ebbe ben cinque edizioni e godette di una buona diffusione in Regione.
Paolo Strazzolini, il cui padre Eliseo partì per la campagna di Russia proprio con Rodolfo Hofer, ha voluto ripubblicare il libro arricchendolo di nuove fotografie e documenti, oltre a un completo indice dei nomi e dei luoghi, e una bibliografia essenziale.
Quello di Hofer non è un diario di guerra passato in prima linea, ma il ricordo di chi visse quel tragico periodo nelle immediate retrovie, in un Ospedale da Campo. «Rappresenta comunque – scrive Paolo Strazzolini – la guerra del C.S.I.R. (il Corpo di Spedizione Italiano in Russia), con il fronte in continuo movimento, i feriti meno gravi che dovevano essere prontamente curati, l’incontro con la popolazione, a condividere gli stessi grandi temi, comuni a tutte le guerre: fame, freddo, incertezza del proprio futuro.»
L’ultimo capitolo è dedicato al rientro dalla Russia e alla difficile scelta dopo l’8 settembre, quando Hofer venne aggregato al Reggimento Alpini “Tagliamento” (RSI) e schierato in territorio sloveno alla difesa del confine orientale italiano. 


venerdì 22 gennaio 2016

"Per aiutarci a salvaguardare la nostra cultura ed il domani"

La scorsa settimana era intervenuto sul Blog Dino Rabassi lamentando la scarsa attenzione per i successi dei giovani laureati riscontrabile dall'attenzione ad essi riservata dal Notiziario comunale. Sul tema era intervenuto il coordinatore editoriale della pubblicazione a illustrare i contenuti e le modalità di pubblicazione di materiali sul periodico.
Il Blog ospita oggi un nuovo intervento di Dino Rabassi il quale allarga il discorso in generale sulla necessità di valorizzare persone e luoghi del territorio.
Come sempre, i lettori sono invitati a esprimere la propria opinione sulle tematiche affrontate.
(A&D)
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          LAUREATI O MENO e CITTADINI DI SERIE A e B

     Innanzitutto mi scuso del ritardo con cui rispondo a Pieri il quale, in qualità di compositore nonché estensore e coordinatore del giornalino comunale, pare si sia sentito tirato in ballo dal mio articolo che aveva a titolo “ Cittadini di serie A e cittadini di serie B”
    Prendo atto della nota di Pieri con cui precisa di non essere lui il Responsabile del Giornalino comunale, bensì il Sindaco che controlla ed avvalla qualsiasi articolo, come pure quella delle pubblicazioni private che avvengono su richiesta degli interessati e, inoltre, che solo dal 1990 al 1995 non fu lui l’estensore del giornalino comunale!
Risultati immagini per Dino Rabassi    In quel periodo infatti Sindaco era il sottoscritto e nel ritenere una spesa eccessiva la redazione di un notiziario da affidare a terzi, la Giunta delegò il sottoscritto alla pubblicazione e così, aiutato dai miei familiari, lo costruii in modo artigianale e gratuito, fatta salva la sola stampa.
     Ovviamente un giornalino così allestito di certo non poteva essere anche patinato ma, comunque, più che sufficiente ad informare i cittadini sui lavori dell’Amministrazione risparmiando, nel contempo, qualche soldino!
     Riuscendo nel 1990/91 a far ripartire la Pro Loco di Alesso ed il Drago di Braulins, a cui aggiungerei la Biblioteca, ritenevo, e tuttora  ritengo, che siano queste le realtà che dovrebbero interessarsi di attività culturali, ludiche o quant’altro, non certo l’Amministrazione da usare solo quale supporo a tali iniziative, sgravandole così anche da pastoie politiche.
      Tutto ciò premesso quindi, e ripeto senza alcuna polemica, specifico che il mio precedente intervento abbia sì preso spunto dai traguardi raggiunti dai nostri giovani ma anche, e soprattutto, dal silenzio assordante sulla mancanza di qualsiasi ottica rivolta al futuro di cui fanno parte proprio i giovani
     Programmare è fondamentale per pianificare e porre solide basi su cui operare in tutti i campi nell’aprirsi al domani:  in principal modo nella cura del nostro territorio per un suo corretto ed equlibrato sfruttamento anche economico.
Risultati immagini per Dino Rabassi     D’altronde, nel mio intervento non parlavo solo dei giovani, bensì anche del lago, una perla che ben valorizzata unitamente alla montagna che lo circonda e alle ricchezze storiche delle realtà vicine, potrebbe spalancare le porte ad un diverso e ben più remunerativo sviluppo della nostra zona.
     Non vi è dubbio che la dura realtà, (proprio perché a suo tempo non abbiamo insistito nel creare queste premesse che avevo cercato di pianificare con il nuovo Piano Regolatore, Commerciale, un nuovo Statuto, la Toponomastica ecc.), ci pone ora di fronte a grandi ed ulteriori problematiche, (vedi UTI), che in breve sconvolgerà non solo il nostro ultra secolare modo di vivere, ma ci porrà a confronto con altre realtà le quali, seppur friulane e limitrofe, comunque comporteranno la perdita di autonomia e conseguenti difficoltà decisionali.
     Non per niente in un mio precedente intervento, ricordavo con rimpianto il tentativo dei primi anni ’90 di fondere i piccoli Comuni posti tra Gemona e Tolmezzo che già allora, uscendo dalla narcosi sociale e culturale del post terremoto, presagiva un futuro di decadenza economica dopo l’avvenuta ricostruzione, con conseguente riavvio di una emigrazione, seppur locale, già iniziata in quel periodo grazie anche ai facili trasferimenti contributivi verso i Comuni più ricchi del Friuli.
     A qualcuno che mi etichettò di essere un Guru per queste mie critiche, fischieranno ora le orecchie?
     La generale apatia rotta ogni tanto da piccoli incidenti che scuotono le coscienze di pochi, non può  quindi essere sottovalutata da nessuno! Soprattutto dai politici quali artefici della pianificazione del futuro, non certo del passato che è da considerare solo quale maestro di vita: (e da qui il riferimento ai vecchi ossuti).
      Anteponiamo dunque il nostro futuro anziché il nostro passato! Facciamo sì che qualsiasi ricchezza della nostra terra sia in grado di generare, proteggendola e valorizzandola, in funzione delle future generazioni, ai fini di creare  altre opportunità per tener stretto i nostri ragazzi ed aiutarci a salvaguardare la nostra cultura ed il domani.
     Augurandomi innanzitutto che non parta il solito piagnisteo: ”no vin beez”, ma neppure l’odioso “ma tant a fasin chel distes”, spero che riparta invece quel confronto di idee sulla quale un tempo si basava la politica: scontri duri basati su idee e progetti socio/economici anziché su sterili dibattiti personali creati sul nulla e torni anche la polemica, indice e sale di una sana democrazia ove tutto viene frullato e decantato per il bene della gente.


                                         Dino RABASSI