"Alesso e dintorni", dal puint di Braulins al puint di Avons

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sabato 30 gennaio 2016

Ecco come è nato "Trasaghis vicino Peonis"

Ha finalmente un nome la "tata" friulana che, vivendo in casa del regista Ettore Scola, gli ha ispirato la celebre battuta "Trasaghis vicino Peonis" poi inserita nel film "C'eravamo tanto amati".
A renderlo noto è Ivo Del Negro in un ampio articolo pubblicato dal MV:

Friuli: la storia di Maria, friulana di Peonis a servizio da Scola


di Ivo Del Negro.

Messaggero Veneto, 29 gennaio 2015

Ettore Scola, l’ultimo grande regista della gloriosa commedia all’italiana scomparso a 84 anni, ha sempre avuto con il Friuli un legame “particolare”, tant’è che nel suo celebre “C’eravamo tanto amati” spuntano Trasaghis e Peonis. Mi ha sempre incuriosito cercare di capire come mai Scola abbia deciso di scegliere proprio queste due località, per lui sperdute. Per anni questo “tarlo” ha continuato a ricomparire ciclicamente, ma soltanto all’inizio degli anni Novanta ho capito com’era andata veramente, grazie soprattutto alle indicazioni di Livio Jacob – Presidente della Cineteca del Friuli di Gemona – ho questa. In un mio viaggio romano vidi alcuni manifesti che preannunciavano un’assemblea di cineasti al cinema Capranica e, tra questi, era presente pure il regista. Attesi che l’assemblea si concludesse per avvicinare Ettore Scola e poter finalmente chiedere a lui la ragione che lo aveva spinto a scegliere Trasaghis e Peonis come località di provenienza dell’aspirante attrice Luciana Zanon, interpretata nel film da Stefania Sandrelli. Anche perché già nel film del 1965 di Antonio Pietrangeli Io la conoscevo bene, di cui Ettore Scola era il co-sceneggiatore, aveva inserito una battuta su Trasaghis. Nel colloquio che ne seguì Scola mi spiegò che durante la sua infanzia nella sua famiglia prestava servizio una giovane ragazza proveniente da Peonis e ogni mese, la domenica, doveva prenotare una telefonata per la domenica successiva per poter così parlare con i propri genitori. Negli anni Trenta nel Comune di Trasaghis era presente un solo telefono pubblico; pertanto tutti coloro che volevano parlare con persone residenti negli altri paesi dovevano obbligatoriamente passare per questa cabina. Era il postino di allora, Albino Di Santolo “Santolin-Fari”, che svolgeva tale mansione e che avvertiva gli interessati per l’appuntamento telefonico. Nel 2011, quando è stato pubblicato il libro Peonis, grazie alla collaborazione con la Cineteca di Gemona, ho inserito a pagina 243 il dialogo tra il portantino Antonio (Nino Manfredi) e Luciana Zanon (Stefania Sandrelli). Purtroppo in quell’occasione romana Ettore Scola non ricordava il nome di quella ragazza che sarà poi ispirazione di quelle battute. Pochi mesi dopo la pubblicazione di questo libro, grazie a un colloquio con il figlio Edi ho scoperto che questa ragazza era sua madre, Maria Di Santolo, nata a Peonis nel 1923, che ha sempre abitato a pochi metri da casa mia. Per un ironico scherzo del destino ho sempre avuto la risposta a questa mia curiosità proprio davanti a casa senza saperlo. A differenza di Ettore che non ricordava il nome della ragazza, Maria invece parlava spesso alle nipoti del periodo trascorso a Roma, raccontando che il periodo più bello era quando la famiglia Scola si trasferiva nella tenuta di Trevico, in provincia di Avellino, da dove era originaria la famiglia del regista. I nonni di Ettore erano soliti chiamare Maria simpaticamente tedesca e volevano addirittura adottarla. Maria ha sempre ricordato di aver vissuto un felice periodo in quella famiglia, tanto che nel 1940 quando il padre le scrisse informandola che a breve sarebbe nato un fratellino e invitandola quindi a rientrare a Peonis, lei strappò la lettera. Poi le vicende della guerra la costrinsero a rientrare comunque in famiglia nel 1941. Maria si sposò poi con Ezio Di Santolo nel 1947. Due furono i figli della coppia, Norina e Edi. Negli ultimi anni Maria, che ora ha quasi 93 anni, si è trasferita a Pagnacco presso il figlio. Nel 2003 la nipote Sara, con alcune foto della nonna, si recò a Roma nello studio cinematografico di Scola e parlò a lungo con lui; in seguito a quel colloquio Ettore e suo fratello Pietro, di qualche anno più anziano, telefonarono a Maria per salutarla. Nel maggio del 2012, Livio Jacob Presidente della Cineteca di Gemona, mi avvertì che l’Università di Udine aveva in programma il conferimento della laurea Honoris Causa ad Ettore Scola. La sera nella quale avrebbe dovuto ricevere il riconoscimento era stata programmata la proiezione del film C’eravamo tanto amati a Gemona con la presenza del regista e, a sua insaputa, avrebbe incontrato Maria. Purtroppo questo non avvenne perché la laurea non gli fu mai conferita.Parlare di Maria significa anche ricordare le migliaia di ragazze friulane che dalla fine degli anni Venti fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale hanno prestato servizio nelle famiglie benestanti delle grandi città. Partivano all’età di tredici-quattordici anni e tornavano alle proprie case in Friuli verso i diciotto-diciannove anni. È probabile che fossero i sacerdoti a segnalare i nomi delle ragazze tramite le parrocchie. Mentre per la gran parte di loro il servizio ha rappresentato un’esperienza che le ha migliorate, alcune sono tornate a casa con figli mentre altre ancora hanno deciso di rimanere in servizio per decenni fino alla loro vecchiaia. Lunedì 1 e martedì 2 febbraio, al Cinema Sociale di Gemona del Friuli, è in programma la proiezione dell’ultimo docufilm del regista Ettore Scola, Che strano chiamarsi Federico (2013).

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