"Alesso e dintorni", dal puint di Braulins al puint di Avons

"Alesso e dintorni", dal puint di Braulins al puint di Avons

domenica 31 dicembre 2017

Per un sereno 2018 ad Alesso ... e dintorni

Il Blog porge a tutti i suoi lettori i migliori auguri perché il nuovo anno sia caratterizzato dalla salute, dalla serenità e dalla soddisfazione personale, con un occhio di riguardo al rispettoso confronto reciproco e all'attenzione per il territorio.

Buina fin e bon prinsìpi ai dalessàns e a ducj chei dal dulintor!

A&D


sabato 30 dicembre 2017

Obiettivo su Bordano & Interneppo - 4 - La fontane di Selve a Tarnep

La Fontane di Selve e la sua acqua


Sappiamo che un salto nella vecchia Interneppo sarebbe possibile soltanto ascoltando i racconti dei nostri avi e sfogliando con cura una bella rassegna di foto d’epoca, rigorosamente scattate prima del maggio del 1976. Il tessuto urbano, infatti, così come quello di Bordano, risultò così alterato che una ricostruzione filologica non solo non sarebbe convenuta ma non avrebbe avuto neanche più senso di fronte alle nuove conquiste della modernità che premevano per entrare anche nelle piccole realtà tradizionali come la nostra. Insomma la vecchia Interneppo è stata salutata bruscamente in quel mese primaverile di oltre quarantenni fa, ma, quasi come fossero regali concessi in via del tutto eccezionale dalla stessa storia, qualcosa di fisicamente presente ancora proietta i ricordi dei più anziani in quel passato neanche tanto lontano e l’immaginazione dei nuovi attraverso le storie e i racconti al paese che fu e che non conobbero. Sono i relitti che ci ricordano, appena li osserviamo, che anche noi semplici abitanti della pedemontana abbiamo un passato con delle peculiarità e delle esperienze rimaste particolarmente impresse. Uno di questi elementi è la fontana della vecchia Plaçe di Interneppo, oggi, più che piazza, semplice punto di incontro tra Borc da Ros, Borc di Rive e Borc da Gleisie. Popolarmente è nota come Fontane di Selve. Quel “Selve” cosa sarebbe? Beh, una fontana è tale grazie all'acqua che vi sgorga, no? Ecco dunque la risposta; è l’acqua che dà il nome alla fontana e quindi guai a non dedicarle una parte della storia! D’altra parte, l’acqua ha senso di esistere anche senza le fontane ma una fontana è nulla senza la sua acqua. 

In questa foto aerea dell'Istituto Geografico Militare si vede Interneppo in ricostruzione dopo il sisma del ’76 e molte località numerate nei suoi pressi. Non è segnata Selve ma sappiamo che è subito sotto le Ruvîs (numero 6). Siamo veramente a due passi dall’abitato. (foto ricavata dal libro di Enos Costantini, vedi fonti)

Il rapporto con le sorgenti d’acqua è sempre stato problematico per gli interneppani, che solo dal Secondo Dopoguerra poterono godere di una soluzione definitiva. Nonostante la vicinanza a quell’enorme fonte d’acqua dolce che è il Lago di Cavazzo, era l’acqua corrente il vero oro blu e andava captata e raccolta con intelligenza e cura. Le fonti esistevano ma erano quasi tutte decisamente incostanti per il regime torrentizio e per l’esigua portata della rete idrografica locale: si trattava delle fonti dette Fous, Nonins (perenne ma dalla portata insufficiente) e Selve appunto, più l’unica perenne e allo stesso tempo capace da sola di soddisfare il fabbisogno, ossia quella di Pile. Per quanto riguarda quest’ultima, se ne dovrebbe parlare in un articolo (che già so esistere) sulla storia dell’approvvigionamento idrico di Interneppo, ma, rimanendo in ambito di sole fontane, possiamo dire che quella di Selve è stata dalla sua costruzione la più importante e utilizzata, se non altro per la sua centralissima posizione. Mentre una vecchia fontana, ora scomparsa e che si trovava presso Borc da Freide (il primo di quelli che si incontravano sulla destra venendo da Bordano, oggi sarebbe all’altezza della quarta-quinta casa sempre sulla destra), alimentata dalle prime due fonti citate, era più periferica, a lato della strada principale. In vero esiste una località chiamata Fontane, alle pendici orientali del Cuel di Cjasteons (tra Via dei Castagni e Via Lago), ma non si ha alcuna memoria di sorgenti o fontane passate. Il Catasto Napoleonico parla di prati, aratori, viti, terreni sterili e pascoli fortemente cespugliati; oggi anche qui il bosco sta avanzando. La Fontane di Selve è nata nel 1843 per portare al paese un’acqua di notevole qualità che non doveva andare sprecata, in quanto, lo ricordiamo, un tempo non era solo elemento indispensabile per l’uomo ma lo era anche per le sue innumerevoli attività, tra le quali quella ormai scomparsa dell’allevamento. Si trattò del primo acquedotto a Interneppo, costituito da tubi lignei provenienti dalla Carnia; prima di allora l’unica soluzione per reperire dell’acqua era recarsi direttamente presso le fonti. La preziosa opera fu propugnata da Don Natale Valzacchi, di Montenars, curato di Interneppo dal 1840 al 1843, e portata a termine in breve tempo grazie al concorso dell’intera popolazione, ansiosa di poter finalmente disporre di una fontana. Questa era a getto continuo e ai suoi piedi era stata installata una vasca di legno con coperchio e dalla capienza di 25 ettolitri che sarebbe servita per le bestie. Nel 1889, però, la precarietà delle tubature emergenti e della vasca spinse il Consiglio Comunale, da poco più di vent’anni spostatosi da Interneppo a Bordano, a decretare la sostituzione delle parti in legno con cemento romano. Sotto la direzione dell’ingegner Pantati, gemonese, e con la realizzazione dei lavori da parte del cottimista locale Giovanni Rossi fu Pietro Zuanine, nel 1890 era già tutto pronto nuovo di zecca, con una vasca con 10 ettolitri di maggiore capienza. I flussi però cominciarono un po’ alla volta a farsi meno abbondanti, fino ad arrivare a un periodo di vera e propria crisi idrica negli anni ’20, quando, a causa dei sommovimenti provocati dalle scosse del 5 maggio 1920 e del 26-27 marzo 1928 e dell’estate particolarmente siccitosa del 1921, l’aghe di Selve non era più sufficiente. In particolare nel ’21 la situazione era così critica che spesso per rifornirsi gli interneppani dovevano recarsi sino a Somplago mentre il bestiame veniva dissetato con l’acqua del Lago. La fontana è sopravvissuta alle due guerre mondiali ma non alla furia del terremoto, subendo una ricostruzione e una nuova collocazione, quella attuale in Plaçute (proprio all’imbocco dei borghi a est della strada principale), anche se, forse per seguire la semplificazione urbanistica adottata con la ricostruzione, Plaçute è ormai considerata parte di Place. Ma non serve necessariamente servirsi di testi per rileggere i principali capitoli di storia di questa piccola, ma per noi famigliare, fontana; sono infatti presenti sulla stessa le date chiave. In bassorilievo “1843” nella vaschetta di sinistra, “6 MAJ 1976” (più lo stemma del Comune di Bordano) in quella centrale, più capiente, infine “1983” in quella di destra, anno di ripristino della sua fragile struttura, anche se tornò in funzione nel ‘97. Vero e proprio omaggio alla sua instancabile attività di rifornimento è invece la strofa incisa sul lastrone su cui sono stati impiantati i tre rubinetti. Si tratta di una strofa proveniente da un’ode che Ugo Rossi ha dedicato alla vecchia fontana; era il luglio del 1964, Interneppo. Così recita:
Salve oh vecie fontane ciare
Buine mari di ogni tarneban.
Sei di chel restât a ciase
Come di chel lât lontan.
Non potrebbe meglio descrivere il legame che si era creato tra questa piccola opera di uso civico e la cittadinanza. 

La Fontane di Selve così come appare oggi a coloro che si avvicinano per rinfrescarsi, forse ignari del fatto che la sua acqua sia ritenuta una delle migliori, se non la migliore, dell’intero Comune. Alle spalle il Borc di Rive. (foto di Enrico Rossi)

Dettaglio della fontana: si riesce a leggere la strofa di Ugo Rossi del 1964. Notevole che una fontana così semplice sia entrata nelle letteratura, seppur locale, ma leggendo il testo si capisce bene il perché. (foto ricavata dal sito dell’Ecomuseo della Val del Lago, vedi fonti)

Sembra quasi assumere un significato più ideale che pratico: era la principale fonte d’acqua del paese, e senza acqua potabile raggiungibile una comunità semplicemente non può esistere, si estingue. Se la Chiesa di San Martino era ed è il santuario dello spirito, la fontana lo era della sopravvivenza in un certo senso. Abbiamo accennato che l’acqua fa la fontana, ebbene quella di Selve contribuì certamente alla popolarità di questa fontana, in quanto particolarmente apprezzata. Merito del Riu di Selve, che dall'omonima località delle basse pendici del San Simeone permette l’incanalamento delle sue acque, che altrimenti andrebbero completamente a finire nel sottostante Lago. Il rio è particolare tanto quanto la sua acqua, in quanto prima nasce da una sorgente in località Ruvîs per poi perdersi poco dopo nella medesima località, quindi riemerge in Selve attraverso una piccola fessura orizzontale, ove troviamo la presa e la vasca dell’acquedotto. Ma le peculiarità dei protagonisti in gioco si susseguono se aggiungiamo anche che la stessa località di Selve in realtà, ai tempi della sua regolare frequentazione, non era affatto una selva, a differenza di oggi con l’avanzamento quasi incontrollato del nuovo bosco. Già il Catasto Napoleonico non parla affatto di boschi bensì di prati, pascoli, viti, alberi da frutto e persino di una casa con annesso mulino ad uso privato, quasi certamente alimentato dal Riu di Selve. Il Leskovic rincara dicendo che ben una volta doveva estendersi un bosco (d’altra parte il nome se no non avrebbe senso) ma che all’epoca sua, nel 1949 in questo caso, dunque prima dell’avvio dello spopolamento della montagna e dell’abbandono delle tradizionali attività connesse, era “ridotto a radi arbusti ed alberelli” e che del mulino esistevano ancora delle fondamenta e i resti della vasca di raccolta. Ugo Rossi, oltre a confermare la presenza dei resti di queste strutture, aggiunge dettagli dicendo che c’era a valle della sorgente una vasca di pietre e zolle di terra per l’abbeveraggio degli animali domestici e che il mulino deve essere rimasto operativo per un cinquantennio dopo che attorno all’anno 1800 ne fu avviata l’attività, che comunque era soggetta all'incostanza della sorgente, dalla storica famiglia locale dei Candolini. Una cisterna serviva invece a raccogliere man mano l’acqua che fuoriusciva dal terreno. C’è anche da sapere che ci troviamo comunque a ridosso dell’abitato e a quote molto basse, assolutamente non in zone interne o impervie del San Simeone; le Ruvîs (che già ospitano il letto di un altro torrentello, il Riu da Ruvîs, e che sono caratterizzate da una zona di pietraie) infatti si incontrano appena 130 metri dopo che il sentiero per il Monte Festa ha abbandonato Borc di Rive. Selve è subito sotto, tra le Ruvîs e l’imbocco della galleria, a 250 m slm. Il Leskovic ci conferma anche che prima della nascita dell’acquedotto, e quindi della fontana, il Riu di Selve era fonte di acqua potabile per gli abitanti e il bestiame, nonostante nella stagione secca risultasse asciutto. Inoltre ci spiega come, oltre al flusso indirizzato in paese, si venissero a creare anche due mini-sorgenti presso Selve: l’una lì della curva della stradina/sentiero (Via Monte Festa) e l’altra in località Perarie, sempre nelle immediate vicinanze, causata questa dallo spandimento dalla vasca dell’acquedotto. Insomma già il flusso non era di rilevante entità, e tra l’altro presente non per tutto l’anno, e poi almeno in parte andava così perso in altri rigagnoli. Ma l’acqua che finalmente arrivava di lì a poco in Place doveva ben valere i lavori e gli sforzi fatti per convogliarla e portarla a disposizione di tutti nel cuore del paese. 

Antico e raro scatto che mostra la vecchia Place di Interneppo nell'anno 1900 con la fontana sulla destra e un gruppo di persone appresso. Il manufatto in foto è quello del 1843, pur dopo l’ammodernamento del 1890, assai diverso da quello di oggi. Lo scenario poi è d’altri tempi, soprattutto se si ricorda che Ugo Rossi aveva scritto che la fontana si trovava a fianco di un “vecchio gelso” e all'ombra di un “antico tiglio”. Lo stesso Ugo riprodurrà il medesimo scorcio in un suo disegno del 1949. (foto ricavata dal libro “Bordan e Tarnep: doi nîs di cjases sot dal San Simeon”, a cura di Pro Loco Bordano, 1981)

Mio padre Oscar infatti riferisce che l’acqua di Selve, fin da quando frequenta Interneppo, quindi dai primi anni ’50, è estremamente fresca e sicuramente molto ossigenata se si ricorda che negli stessi anni la magnesia che versava in quest’acqua faceva subito reazione, mentre in quella di Bordano tutt’altro o comunque stentava parecchio. Con “acqua di Bordano” in questo caso ci si riferisce a quella del Rio Cartine, che lambisce o attraversa i borghi a sud della Provinciale e che riceve l’acqua di diversi affluenti provenienti da varie cime e pendici del Naruvint. E la qualità delle altre sorgenti nei pressi di Interneppo? Meno nota oggi ma ugualmente apprezzata pare sia stata anche l’acqua della sorgente di Fous, località sita alle pendici del Naruvint 200 metri a ovest di quella di Nonins, in quanto mio nonno Ugo nel suo articolo sugli acquedotti di Interneppo descrive l’acqua di quest’altra sorgente come prodigiosa, tanto da venir un tempo somministrata agli ammalati e ai convalescenti. Quella di Nonins invece, l’altra fonte perenne, è descritta da Ugo come “freschissima, ma meno gradevole di quella di Selve”. La variabilità del regime della sorgente di Selve portò nel 1913 all’idea di erigere una seconda fontana, presto realizzata: era quella già citata del Borc da Freide, andata in disuso nel giro di un trentennio per problemi tecnici e nei materiali usati. In quell'occasione furono favorite proprio queste altre due sorgenti e servita la parte sud del paese, che si stava ingrandendo proprio da quella parte. Ma la storia della sorgente di Selve si interseca anche con quella della Pile, la più costante e unica vera garanzia di rifornimento d’acqua per Interneppo, ampiamente utilizzata nel ’21 e resa più copiosa proprio in quell’estate grazie allo scalpellino Pietro Rossi fu Pietro Tonie (mio bisnonno e padre di Ugo Rossi), che coi suoi strumenti casualmente fece nascere un nuovo e più potente zampillo. Grazie all’intuizione di Toni di Pontêli circa la costruzione di una pompa elettrica che potesse portare fino al centro del paese l’acqua di Pile (la cui sorgente è da sempre situata in un punto molto scomodo, ossia ai piedi del costone a strapiombo sul conoide detto Plaçote, esattamente tra il paese e il Lago), si sarebbe potuto assistere a una svolta epocale, che avrebbe traslato improvvisamente il nostro piccolo villaggio in una condizione di progresso. Il progetto era già pronto e si prevedeva di far funzionare il nuovo acquedotto solo nei periodi in cui non fosse stata sufficiente l’acqua di Selve, conducendo l’acqua di Pile nel primo acquedotto dopo averla raccolta in una cisterna in località Pontêli, infondo al paese, grazie appunto alle pompe. Era il 1930 quando il podestà Antonio Piazza fu Giobatta decise di caldeggiare la proposta e di mettere letteralmente i ferri in acqua. L’ingegner gemonese Renato Raffaelli avrebbe redatto il progetto. La trafila burocratica stava procedendo bene quando le dimissioni del podestà , provocate da un’accesissima protesta da parte di una minoranza rumorosa che osteggiava i lavori, sostenendo tra le altre cose l’assurda affermazione che l’acqua di Pile fosse infetta, fecero precipitare tutto quanto. Il commissario prefettizio Antonio Picco fu Valentino Tinon, bordanese, chiamato a sostituire il podestà, diede retta ai disfattisti rinunciando al finanziamento nel 1932, e a nulla valse il tentativo da parte del successivo commissario prefettizio Luigi Orsi, di Venzone, di rimettere in marcia la faccenda. Ormai era tardi e il finanziamento destinato all’acquedotto era già stato assegnato a un altro Comune; era il 1933. Fu così che l’acqua di Pile non fu mai condotta in paese e quella di Selve continuò a sopravvivere con lo status di acqua più apprezzata e più alla mano per la comunità, pur tra un periodo di secca e l’altro in cui gli interneppani era costretti ad attingere soprattutto alla sorgente di Pile. Prova di tale incostanza della sorgente di Selve è una poesiola proprio degli anni ’30, di tale Pieri da Cjargnele, dal titolo “Dopo il sec a è tornade l’aghe di Selve”:

Simpri desiderade
Dal intir paîs,
finalmenti tornade
dai tiei amîs,
prime che il riul al còri
tu ti seis fate viòdi.
Un pouc pultrone tal passât
prime il riùl e tu seconde,
il to percors èriel cambiât?
Neste cjare Ave monde.
Cemût, dimi cjare nône nine,
àstu fat a rivâ prime?
 A dis jèi: “Cjars Tarnebàns,
j seis simpri chei di un timp,
zòvins e vecjos paisàns
un pouc curiòus ma buine int.
 Bevèimi cuant ch’j sei, ancje tal prât,
e no sarèis mai nissun malât”



Soltanto nel Secondo Dopoguerra, tra il ’47 e il ’49, col sindaco Floreano Picco fu Giovanni, di Bordano, gli interneppani poterono assistere alla comparsa dell’acquedotto moderno, con acqua corrente nelle case. La presa però era ben lontana da quelle tradizionali di Selve, di Fous, di Nonins o di Pile, in quanto era alla sorgente del Rio Vât, presso Cesclans, dall’altra parte del Lago e in Comune di Cavazzo. L’installazione di tale nuovo sistema, impensabile prima della guerra, fu possibile grazie ai finanziamenti interamente statali. La Fontane di Selve da quel momento divenne quindi improvvisamente poco più di un accessorio, e fu così che scene che si ripetevano da oltre un secolo, come quelle dell’andirivieni di persone da e per la fontana per caricare e portare indietro i secchi, cominciarono sempre meno a vedersi e sempre più a rimanere impresse nella memoria, come dei flash di un mondo arcaico che ormai aveva fatto il suo tempo e che doveva necessariamente lasciare il passo. La Fontane di Selve oggi al massimo può sentirsi avvicinata da qualche turista di passaggio per qualche sorso, come me e un paio di miei amici la passata estate, o per essere osservata nei dettagli semplici e nelle scritte, ma infondo è anche giusto così, che rimanga come un piccolo monumento in memoria di tempi storici in cui bere quando si voleva e quanto si voleva non era affatto scontato. Basta ricordare l’articolo di inizio giugno 1947, uscito sul Messaggero Veneto e firmato Anselmo Rossi, assessore a Bordano, che aveva come titolo “Acquedotto per la frazione di Interneppo – è preferibile soffrire la fame ma non la sete”.


Fonti:



                                                                                          Enrico Rossi

venerdì 29 dicembre 2017

2018 senza "Lunari di Dalés"

Quest'anno non ci sarà la tradizionale presentazione, il 30 dicembre, del "Lunari di Dalés" ... perché il "Lunari pal 2018" non uscirà.
E' dal 1991 che il "Lunari" veniva a presentarsi come un appuntamento fisso e atteso, rinnovatosi per più di 25 edizioni (due annate, infatti, erano già saltate).
In tutti questi anni sono stati proposti svariati filoni, ogni volta arricchiti dalla documentazione fotografica: va da sè che ormai "i casselins a son svuedàts", gran parte del materiale fotografico disponibile è stato già  raccolto e pubblicato.
Il gruppo redazionale aveva provato a mettere assieme  un nuovo numero, ma il materiale fotografico raccolto si è rivelato insufficiente a predisporre un prodotto gradevole e interessante.
Pazienza: può essere l'occasione per "sentire la mancanza di un amico" e magari per proporre idee e cercare materiali per prossime edizioni.

Il Blog (anche se non  coinvolto direttamente nell'uscita del Lunari) ospiterà volentieri commenti, suggerimenti, idee e proposte al riguardo.







giovedì 28 dicembre 2017

Anno Mille, il mistero di "Bordanum"


Enrico Rossi, in un suo ben  documentato articolo relativo alla nascita di Bordano, pubblicato su questo Blog alla fine di novembre (Obiettivo su Bordano & Interneppo - 3 - Dati e ipotesi sulla nascita di Bordano), analizza  il carattere della più antica citazione riferita al nome di Bordano: “Un conto infatti è verificare come il nome di quello che poi fu ed è un paese sia stato citato in un qualche documento, e un altro è assicurarsi che quella citazione si riferisca proprio al paese e non, per esempio, a una semplice località disabitata. Non è dunque scontato collegare la menzione “Bordanum”, scoperta in un codice della Chiesa gradese dell’anno Mille, alla presenza effettiva di un villaggio, un gruppo di case, una comunità insomma, anche se in quel documento si citavano i villaggi friulani sopravvissuti alle invasioni ungare, che avevano spopolato il Friuli nella prima metà del X secolo.” (1).

Mi permetto di intervenire sulla questione dal momento che mi pare di essere stato il primo ad aver segnalato, in zona, il riferimento a quel documento.  Non mi attribuisco ovviamente nessuna paternità: il riferimento era a uno dei più grandi storici friulani, don Guglielmo Biasutti, che aveva citato il documento nella sua corposa monografia sul Comune di Forgaria, uscita a ridosso del terremoto (2). La citazione diceva: “Un antichissimo codice della Chiesa di Grado ci dà il seguente elenco : (...) [50 nomi di località tra cui  Osopus, Bordanium, Cabacium, Virgineæ Fageta, Nemas, Buga, Arthenea , Glemona, Julium, Tumetium, Iblinum , Gortum,..]. Gli storici sono concordi nel far risalire questo documento a circa il Mille. E in verità vi si avverte chiaramente il vuoto della Vastata Hungarorum.
Poco importa che il documento ci venga dato in una relazione filoudinese (…) né è compito nostro risolvere i molti problemi che ne insorgono, p. es. (…) la difficile identificazione di alcune località,  il singolare accostamento a centri storicamente importanti di villaggi ora di poco conto – quale Bordano-“ (p. 86)
Mi era parso importante segnalare tale riferimento, e lo feci in un articolo pubblicato sul periodico “Monte San Simeone” (3) , in seguito riproposto integralmente in apertura del volume di Enos Costantini dedicato alla toponomastica di Bordano e Interneppo (4).
Negli anni a seguire, mi sono più volte interrogato su quella isolata citazione ed ho cercato maggiori dettagli.

Il riferimento risale al fatto che nel 1730 Ludovico Antonio Muratori pubblicava nel XVI volume dei Rerum Italicarum Scriptores il De vitis et gestis patriarcharum aquilejensium , un’opera rimasta fino ad allora manoscritta del notaio udinese Antonio Belloni, composta nella prima metà del XVI secolo e comunque non dopo il 1554, anno della morte dell’autore. L’opera era dedicata alla storia del patriarcato aquileiese, attraverso le vite dei patriarchi  da Marco ai Grimani; in essa il Belloni riportava, nel capitolo dedicato alla vita e all’opera del vescovo Niceta, un elenco di oppida (luoghi fortificati), per un totale di una cinquantina di località.
Il Belloni affermava di aver tratto tale elenco da un codice che egli considerava molto antico e che si conservava in Gradensis Ecclesiae.
La lista presenta alcuni errori nella trascrizione dei nomi delle località friulane e carniche dovute forse alla difficoltà, a causa della grafia, di lettura del manoscritto da parte del Muratori o di errori già presenti nel manoscritto stesso. I nomi sono tutti latinizzati con l’intento di farli risalire all’epoca romana per nobilitarne l’origine (5).

Sono poi riuscito a trovare una edizione a stampa  del lavoro settecentesco del Muratori (6), dove il “Bordanium”  citato da Biasutti compare come “Bordanum”, accanto al vicino “Cabatium”:


Un ulteriore dubbio mi è venuto quando ho trovato, in un lavoro di Vincenzo Joppi (7) dedicato alle prime testimonianze scritte in friulano, una lettera del notaio Belloni che presentava, questa volta in ordine alfabetico e in friulano, l’elenco dei più antichi  castelli e luoghi fortificati della Regione. Ebbene, in questo elenco, “Cabatium” era ormai localizzato in Cesclans, e, soprattutto, non compariva più Bordano ma Barbana!!!


Ecco, penso siano quindi chiari i termini della questione: si tratta di “andare alla fonte”, trovare – se ci sono ancora – i documenti originali, per verificare quale sia stata la trascrizione originaria (e, nello specifico, se esista effettivamente l’antica citazione di Bordano).

In Val del Lago c’è stato il lavoro dei “pionieri delle carte perdute”(8) (i primi ricercatori, cui va sempiterna lode, da Sabino Leskovic a Silvio Angeli a Ugo Rossi a don Santo De Caneva e altri) seguito dal lavoro degli “autodidatti” che soprattutto, dopo il terremoto, hanno tentato di dare un contributo di ricerca sul territorio (Enos Costantini, Linda Picco, Oscar Rossi,Velia Stefanutti,  Decio Tomat,  il sottoscritto e altri).
Alla new entry, la generazione giovane, fresca di studi universitari, l’augurio di “raccogliere il testimone” di questo “spirito di ricerca” e arrivare concretamente a trovare le “carte perdute”, rivitalizzandole attraverso una analisi rigorosa e proficua.
Pieri Stefanutti


Fonti:
1)      Enrico Rossi, Tra i due litiganti (Venzone e Tolmezzo) il terzo nasce (Bordano), “Alesso e Dintorni”, 30 novembre 2017
2)       Guglielmo Biasutti, Forgaria, Flagogna, Cornino, San Rocco, Agraf, Udine 1976
3)       Pieri Stefanutti, Cenni storici su Bordano e Interneppo “Monte San Simeone”, agosto 1985
4)       Enos Costantini, Bordan e Tarnep, nons di luc, Comune di Bordano, 1987
5)      Cf. Eliano Concina, La localizzazione del castrum di Ibligine alla luce delle fonti. Prima parte, in: Annuario del Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli, Forum Iulii xxxv (2011)
6)      L.A. Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, Tomus XVI, Milano 1730
7)      Vincenzo Joppi, Testi inediti friulani dei secoli XIV al XIX, Loescher 1878
8)   Cf. P. Stefanutti, I pionieri delle carte perdute, in AA.VV. Bordan e Tarnep. Storie e vite ator dal Lac, Comune di Bordano 1997, pp. 13-25


P.S. Sulla necessità di andare sempre, quando possibile, a ricontrollare le fonti originali, ricordo il caso del "feudatario di Trasaghis": diversi studiosi di fine Ottocento riportavano la notizia di una investitura feudale a un "Hermanno de Trasagis". Come credo di avere dimostrato (v. "Messaggero Veneto" 27 maggio 1996), si trattava di una "attribuzione indebita" in quanto il "Trasagis" in questione non era il "nostro" Trasaghis ma Transacqua in Cadore (uguale etimologia per paesi diversi). 

mercoledì 27 dicembre 2017

Angela, un successo costruito ... a fuoco lento

I lettori del Blog ricorderanno alcuni articoli apparsi nel 2015 a raccontare di una persona che si faceva chiamare "Angel Roses" e proponeva motivi di riflessione legati al territorio  attraverso uno strumento insolito, la decorazione delle torte....
Vedi, per esempio    https://cjalcor.blogspot.it/2015/07/alesso-torte-dautore-sui-luoghi-del.html oppure https://cjalcor.blogspot.it/2015/08/ancora-torte-dautore-sui-luoghi-del.html .
Il tempo è passato, "Angel Roses" ha proseguito nella sua attività arrivando a risultati prestigiosi. Non ha più bisogno di celarsi dietro uno pseudonimo: si è "disvelata", anche da quando la prestigiosa rivista "Fuoco lento", il "mensile del gusto a nord-est"  le ha dedicato un articolo dove l'attività di Angela Turisini di Alesso, "artista del Cake Design",  viene descritta con ricchezza di particolari e sinceri apprezzamenti.
Complimenti, Angela!






martedì 26 dicembre 2017

"I migliori anni della nostra vita" ... accanto al presepio del lago di Curnìn



Anche quest'anno un pubblico delle grandi occasioni ha fatto da cornice al suggestivo appuntamento del Natale Subacqueo, andato in scena la vigilia di Natale nelle cristalline acque del lago di Cornino.

Imponente il lavoro della Friulana Subacquei che già da fine novembre aveva iniziato a predisporre quanto necessario affinché la serata regalasse un' emozione da portare a casa e ricordare.

La Santa Messa e' stata celebrata dal parroco di Forgaria nel Friuli, don Ennio Gobbato, che nell' omelia ha paragonato il nostro cuore alla mangiatoia di quando Gesù nacque, fonte di valori genuini ed accoglienza; e' seguita poi la lettura della preghiera del subacqueo da parte di un rappresentante della Friulana Subacquei.

A fare gli onori di casa il sindaco Molinaro, accompagnato dal vicesindaco Ingrassi e dall'assessore Chiapolino.

Molinaro ha portato il saluto dell' amministrazione comunale e ha ringraziato tutti quelli che hanno permesso la buona riuscita della serata, "in primis la Friulana Subacquei che da più di quarant'anni permette tutto ciò grazie alla caparbietà dei suoi soci, nonché i volontari, i dipendenti comunali, le associazioni, gli alpini, la protezione civile, il comune di Trasaghis che, collaborando con l'amministrazione, fanno sì che tutto funzioni al meglio".

Il susseguirsi dell' entrata in acqua dei sub, alla fine saranno una trentina, ha dato inizio alla composizione del presepe in acqua.

Quasi al buio, dalle sponde e' partita la statua raffigurante la Natività che dopo esser stata posizionata al centro del lago ha atteso l' emersione del Bambin Gesù, collocato poi  tra le statue di Giuseppe e Maria. 

Contemporaneamente sono confluite le altre figure del presepe scortate dalla stella cometa che pian piano scendeva dall' alto, fino a quando le luci di contorno hanno illuminato a giorno il contesto, arricchito dalla presenza di un albero di Natale galleggiante e da alcune fontane luminose.

Ricercata e coinvolgente la colonna sonora che ha accompagnato lo spettacolo composta da canti natalizi della tradizione ma anche da brani di cantautori italiani, da Bocelli e Zero, di cui "I migliori anni della nostra vita" ha chiuso  la quarantaquattresima edizione del Natale Sub.

Luigino Ingrassi
                                       

lunedì 25 dicembre 2017

"Caro Babbo Natale...", la letterina del 2017 da Alesso ... e dintorni


Caro Babbo Natale, anche quest'anno ti arriva la letterina da A&D.
Ti saranno state consegnate, in questi giorni, tante richieste di regali. Non sbottare, ti prego, di fronte a una ulteriore domanda: qui non ti si chiede nulla di personale: i regali auspicati hanno un valore collettivo per il  territorio che va dal puint di Davons al puint di Braulins
Cosa sarebbe bello trovare, nel tuo sacco dei doni? Diverse cose. Per esempio:
- disponibilità e spazi per le occasioni di confronto, recuperando magari lo spirito delle antiche assemblee di paese ai piedi del vecchio tiglio, dal momento che sembra proprio essersi persa non solo la capacità, ma anche la volontà di provare a confrontarsi e il tutto scivola verso un ovattato qualunquismo dove “tutto il resto è noia”;
- la capacità di osservare, di proporre, di interessarsi delle problematiche del territorio;
- la disponibilità a guardare l’Altro (il vicino di casa, l’extracomunitario, l’amministratore, il politico…)  non come a un potenziale rompiscatole ma come una persona con cui confrontarsi per un arricchimento reciproco;
- un lavoro certo e gratificante capace di garantire sicurezza e serenità in tutto il territorio;
- il concretizzarsi di quei segnali positivi (rimasti spesso su un piano teorico o a puro livello di ipotesi) verso l'assunzione di impegni definiti per la salvaguardia e la valorizzazione del Lago

Grazie dell'attenzione, caro Babbo Natale.
In fiduciosa attesa

Tuo A&D


domenica 24 dicembre 2017

Braulins, la corsa di 200 Babbi Natale per un aiuto concreto contro la malattia

Domenica 24 Dicembre si è svolta a Braulins la 1° corsa benefica di Babbi Natale.
 La manifestazione era intitolata
"UNA CORSA PER AIUTARE CHI HA BISOGNO"
I tanti Babbi Natale (più di duecento i partecipanti), hanno offerto un segno tangibile prendendo parte a questa raccolta fondi promossa e realizzata dall’Associazione “Noi di Braulins” dedicata a Valentino di Alesso: per ogni iscrizione, 5 euro saranno devoluti  a favore della ricerca scientifica per affrontare la SLA.

Il ritrovo è  stato fissato il 24 Dicembre alle 13.30 presso Piazza San Michele a Braulins.
La partenza  stata data alle 14.30 proprio da Valentino (in collegamento diretto con la Francia) 

Si è tornati  sempre in Piazza San Michele dopo un percorso di 5 km (camminata non competitiva a passo libero) che si  è snodata ai piedi del Brancot e nelle vie del centro del paese.

Notevole soddisfazione per la riuscita dell'iniziativa è stato espresso dai vertici dell'Associazione "Noi di Braulins".

A Santo Stefano torna .... Lago 3 C Winter

Il 26 dicembre 2017ad ALESSO DI TRASAGHIS (UD)
nuovo appuntamento con il GIRO DEL LAGO 3 C WINTER
con PARTENZA DALLA RIVA EST del Lago
Iscrizioni presso ristorante la Darsena
E' un Giro podistico ludico-motorio non competitivo, a passo libero aperto a tutti, con partenza libera dalle ore 9 alle ore 10





sabato 23 dicembre 2017

Bordano, un nuovo percorso sul San Simeone per chi ama arrampicare

La nuova falesia "Bordano" in Friuli ovvero... chiodando s'impara


La guida alpina Pierpaolo Pedrini racconta la nascita della nuova falesia d'arrampicata sportiva posta sopra il paese di Bordano, appena oltre Gemona (Friuli-Venezia Giulia). 20 tiri dal 6b ed esposta a sud, quindi perfetta per arrampicare in inverno.



Ultimo giro di chiave ed anche questa via è finita, più che soddisfatto mi calo al suolo a contemplare questo nuovo spot di arrampicata sportiva. Già... ma come nasce un luogo di arrampicata sportiva, la famigerata "palestra di roccia". Per questa ultima avventura (ma anche per quelle precedenti) è andata più o meno così.

Era un po di tempo che ogni volta che passavo sotto il Monte San Simeone la mia attenzione era attirata da quella lunga fascia rocciosa posta a metà pendio, ma il fatto che questa montagna sia stato l’epicentro del disastroso terremoto del 76’ risultava essere sempre un’ottimo deterrente all’esplorazione da vicino; ma come sempre il tarlo alla fine arriva alla sua meta.

Primo problema: l’accesso per una prima verifica del potenziale arrampicatorio. Dura la lotta con l’alpe, ma anche quella con i rovi non scherza...(stavano quasi per aver la meglio) dopo due ore di lavoro con cesoie e sega ed un’infinità di graffi,una precaria traccia fin sotto la parete è aperta. La roccia è buona c’è solo da togliere qualche masso instabile.

Secondo problema: installazione delle funi per pulire e chiodare la parete. La cosa più semplice è l’accesso dall’alto, ma talvolta non è possibile quindi non resta che salire dal basso in puro stile alpinistico. Questa volta siamo fortunati, un sentiero passa giusto sopra la falesia ed in men che non si dica comincio a calarmi sulla parete, da "fuori" mi vedo come un bambino che entra in un negozio di giocattoli....

Una prima grossolana pulizia da eventuali blocchi instabili ed un primo esame per cercare di capire l’andamento logico delle future vie e poi si parte per la chiodatura. Trapano a tracolla, una quindicina di tasselli nella sacca, martello, qualche moschettone, spazzole di pulizia fori e parete e finalmente si comincia a tracciare e forare la futura via...e qui son dolori, il passo tra "fare una bella via" e rovinare la roccia è molto piccolo, non è il caso di avere fretta. Nel posizionare un tassello bisogna tener conto di vari fattori: la roccia deve essere sana, il moschettone che andrà nella placchetta non deve sbattere contro la roccia ed il moschettonaggio deve avere una sua logica ben precisa.

Oltre a chiodare salendo bisogna anche pulire dalla vegetazione, spazzolare dai licheni e soprattutto togliere tutto ciò che non è stabile... e via così fino a piazzare il punto di calata, ritornando al suolo si da un’ultima spazzolata all’itinerario. Rapido cambio d’abito e da chiodatore ci si trasforma in arrampicatore per provare subito la nuova creazione.

Nel giro di un mese, insieme all’amico Giulio Moscatelli, abbiamo attrezzato una ventina di tiri dal 6b fino al 7b (due vie ancora da liberare), sono state giornate faticose ma dense di soddisfazioni il tutto condito come sempre da entusiasmo e allegria. Lo stile d’arrampicata è molto democratico: parte sinistra magnifica placca con qualche passo di spalmo, parte destra strapiombo e tettini.

Questo nuovo spot è in Friuli precisamente sopra il paese di Bordano, appena oltre Gemona. Prendere la strada per il Monte S. Simeone fino ad uno spiazzo dove si parcheggia, sopra il ghiaione si vede la falesia facilmente raggiungibile con il sentiero della via normale, dalla macchina 15-20 min. Esposizione sud una ventina di vie dal 6b fino al 7b, nomi e difficoltà scritti alla base. Arrampicata di placca con qualche piccolo tettino.
Pierpaolo Pedrini, Guide Alpine FVG

venerdì 22 dicembre 2017

Bordano, una pubblica benemerenza in Consiglio

 
Salva la vita a un anziano e il Comune le riconosce la pubblica benemerenza. La cerimonia di consegna del riconoscimento si è svolta ieri sera, in occasione del consiglio comunale (alle 20.30), quando il sindaco Ivana Bellina e la sua maggioranza hanno attribuito a Tatiana Picco, cittadina di Bordano, l’attestato di benemerenza per l’esempio dato a tutti.


La motivazione va ricercata in un drammatico episodio risalente a circa un mese fa, quando nel piccolo paese della Val del Lago un pensionato rimase gravemente ferito da due colpi di fucile partiti dall'arma che l’uomo, un cacciatore, stava maneggiando. Tatiana vive a poca distanza dalla casa dell’anziano e appena sentito il primo colpo di fucile si era precipitata nell'abitazione, per prestare soccorso. Forte della sua esperienza sul campo maturata nel periodo in cui ha servito i cittadini con la divisa della Polizia, Tatiana Picco aveva tamponato immediatamente le ferite riportate dall’anziano, cercando di evitare il dissanguamento. Attese in quelle difficili l’arrivo dei sanitari.

Oggi quell’uomo è salvo e deve la sua vita proprio a Tatiana. Di fronte a un esempio di questo tipo l’amministrazione comunale ha voluto lanciare un segnale: «Credo che quello che ha fatto Tatiana – ha detto il sindaco Bellina – deve essere di esempio per tutti, per questo abbiamo deciso di assegnarle una benemerenza. Quello che ha fatto è segno di grande senso civico. Ci sembrava semplicemente giusto giusto riconoscere a lei tutto questo, perché il suo gesto non passasse inosservato e tutta la comunità possa essere orgogliosa di avere cittadini così». (p.c.)


(Rid. e adat. da Messaggero Veneto 21 dicembre 2017)

giovedì 21 dicembre 2017

Gli auguri dei Comitati per salvaguardare le tessere del "mosaico Val del Lago"

Come tradizione, anche "nell'anno III della rinaturazione del Lago", i "Comitati Salvalago" hanno diffuso il loro augurio di Natale ove invitano a considerare tutte le "tessere ambientali" che costituiscono l'universo della Valle del Lago e a impegnarsi per la relativa salvaguardia:



mercoledì 20 dicembre 2017

Il pomeriggio di domani è dedicato alle proposte e agli auguri delle scuole




Come tradizione, nelle giornate che precedono l'avvio delle vacanze natalizie, le scuole del territorio presentano alle famiglie, assieme agli auguri, una serie di percorsi didattici.

L'appuntamento clou è per il pomeriggio di giovedì 21 dicembre.

Iniziano le scuole Primarie, nel Centro Studi di Alesso, a partire dalle 14.15, con una ricca proposta di canti e danze provenienti da diverse tradizioni musicali.


Alle 16. 30 è il turno della Scuola dell'Infanzia di Avasinis che ha diffuso questo invito:

Siete tutti invitati            
GIOVEDI’ 21 DICEMBRE 2017
alle ore 16.10 partiremo dalla Scuola dell’Infanzia per una passeggiata lungo il paese, ci dirigeremo in piazza
(16.30 circa) dove i bambini canteranno e  balleranno per voi e per i loro familiari.
Sarà presente anche il coro dei bambini di Trasaghis 
e forse …
anche Babbo Natale!
Ci scambieremo gli auguri per un felice Natale mangiando i biscotti e sorseggiando un buon tè
offerto dalle signore volontarie di Avasinis.
Vi aspettiamo numerosi!!

I bambini e il personale

della scuola dell’Infanzia di Avasinis

Una vigilia di natale colorata di "rosso Braulins"

L'Associazione "Noi di Braulins" propone due appuntamenti significativi per la vigilia di Natale: alle 14.30 la "corsa dei babbi natale", camminata a passo libero per le vie del paese (con la finalità benefica di raccolta fondi a favore di Valentino) ed alle 17 il tradizionale arrivo di Babbo Natale per i bambini.





martedì 19 dicembre 2017

Ospedale San Michele di Gemona, Comitati tra proteste e proposte

Riceviamo e pubblichiamo:

Come mai i vertici della AAS 3 non rispondono alla nostra richiesta di rimettere a Gemona il servizio di chemioterapia sui 5 giorni come un tempo, altro che chiuderlo, per evitare un inutile quanto pesante pendolarismo su altre sedi ai pazienti oncologici? Dato che l’ambulatorio oncologico, come  altri, non solo di Gemona, come si legge sulla stampa, obbliga le persone a spostarsi sull’intera Azienda? Ma rimaniamo anche in attesa di conoscere i costi di realizzazione e gestione, nonchè  i contenuti contrattuali  per i tre medici che andranno nell’inutile CAP (Centro di Assistenza Primaria), allocato dal 2 Gennaio al San Michele. Una posizione infelice, che visto l’attuale affollamento del parcheggio ospedaliero, obbligherà alla sosta negli ultimi stalli verso Via Praviolai e a una lunga camminata, fino agli ambulatori che si trovano, come già detto, al terzo piano del nosocomio, dalla parte di Ospedaletto. Un posizionamento assurdo di questa nuova struttura, voluta dalla riforma sanitaria, che costringerà gli anziani non accompagnati a un defatigante spostamento. Inoltre un CAP monco, visto che i Medici che hanno gli ambulatori in Riva degli Stimmatini, non si sposteranno e con prestazioni per il momento solo sulla carta. Ma il Coordinamento dei Comitati, nel Convegno del 1° Dicembre all’Hotel Carnia, ha lanciato una precisa proposta di riorganizzazione della Sanità in Alto Friuli. Noi chiederemo al prossimo governo regionale che l’AAS 3 torni pedemontana e montana, comprendendo Gemonese, Carnia, Canal del Ferro/Valcanale e Tarcentino. Un’area omogenea con circa 100.000 abitanti e con Tolmezzo, Ospedale di riferimento, però a rete con il San Michele di Gemona. Territori, e’ stato sottolineato, che da sempre  afferiscono a queste due strutture sanitarie. Una tesi questa, sostenuta anche dal cdx tolmezzino, preoccupato dalla perdita di alcune funzioni ospedaliere e dalla fuga dal San Antonio di  valenti professionisti. Ma Gemona chiederà anche, confortata dai numeri presentati al Convegno, di riavere il Pronto Soccorso con l’Area di Emergenza e i posti Osservazione temporanea e una Medicina come struttura complessa, sempre per evitare il pendolarismo dei malati su Tolmezzo e San Daniele, Un ambulatorio cardiologico, con personale e attrezzature al completo e soprattutto l’ambulatorio oncologico, per i motivi gia’ descritti. Ma verrà richiesta anche la creazione a Gemona di un servizio dermatologico, neurologico e soprattutto oculistico, oggi mancanti sull’Alto Fiuli. Un territorio che non vuol essere secondo a nessuno, che è nella zona piu’ sismica della Regione e che purtroppo sconta il numero di morti piu’ alto, confrontato con i residenti, rispetto agli altri territori della Regione.


Coordinamento dei Comitati a difesa del San Michele di Gemona